Queste strane settimane a stampare raccordi per i respiratori, una riflessione su quello che abbiamo fatto

Queste strane settimane a stampare raccordi per i respiratori, una riflessione su quello che abbiamo fatto

In questo periodo il nostro centro per makers, lo Share Makerspace di Cusano Milanino, è fermo, come ogni cosa. Che peccato. Ma le nostre stampanti 3D non si sono fermate.

All’inizio di questa faccenda del Coronavirus, durante gli ultimi incontri serali in sede prima del lockdown, si discuteva del virus senza immaginare tutto quello che sarebbe successo e, come tutto il paese, senza la certezza delle informazioni, si procedeva a vista. Solo dopo abbiamo capito quanto il problema fosse serio, quando abbiamo visto che all’incremento della curva dei contagi corrispondeva un pesante incremento dei morti e l’intasamento delle terapie intensive. Abbiamo visto con stupore il sorpasso della curva cinese e abbiamo provato la sensazione di essere inutili: c’era un problema e non potevamo fare nulla.

Ci chiedevamo: “Possibile che l’unico modo per abbassare l’indice R0, il coefficiente che descrive la velocità del contagio, sia starsene a casa?” Il distanziamento sociale è necessario, ma combattere una guerra dal divano non è affatto facile, lo sembra all’inizio, ma poi ti prende lo sconforto e ti ritrovi isolato in casa a lottare con i pensieri sulla salute dei tuoi cari e sul futuro del proprio lavoro.

Siamo gente iperconnessa e pragmatica, con molta voglia di fare. Siamo makers.

Siamo sempre al pc, ora anche più di prima e le notizie corrono: con il riempirsi degli ospedali abbiamo letto della mancanza di alcuni componenti di raccordo per i respiratori delle terapie intensive e abbiamo scoperto il lavoro dei ragazzi della Isinnova, che hanno ridisegnato e stampato, con le stampanti 3D, il raccordo. Abbiamo detto “bravi!” e ci siamo detti “possiamo farlo anche noi”. Abbiamo letto del progetto della conversione delle maschere della Decathlon per creare dei respiratori d’emergenza e abbiamo deciso di renderci disponibili, il file per la stampa è disponibile open per tutti. Sono cominiciati i contatti con il Fablab di Milano che si è ritrovato coordinatore dei vari gruppi di makers che si sono attivati, abbiamo sentito la protezione civile e anche alcuni ospedali.

Nel frattempo il nostro gruppo su whatsapp è diventato un flusso continuo di foto, prove di stampa, suggerimenti di settaggi e accorgimenti per ottenere i risultati migliori: per stampare un pezzo ci vogliono ore e un errore può mandare all’aria tutto il lavoro. Abbiamo anche trovato un altro progetto per fare delle visiere protettive per il personale sanitario, in plexiglass, col taglio laser e stampa 3D. Intanto consegniamo i primi raccordi e qualche giorno dopo le visiere. Finalmente stiamo facendo qualcosa di più e la stampa locale parla di noi e le istituzioni ci ringraziano pubblicamente.

Ma il bello arriva nei giorni successivi, quando ci scrivono i medici e ci mandano i vocali gli infermieri dicendo che avevano usato i nostri pezzi, che erano utili, che andavano bene e quindi “grazie!“. Ci è venuta la pelle d’oca: sentirsi utili, sentirsi bravi e sapere di aver fatto la cosa giusta: il nostro associazionismo è volontariato scientifico.

L’attività del maker è questa. Imparare e fare cose. Capire, migliorare, aggiustare e vedere il compimento di un lavoro.

Proseguiamo questi giorni di quarantena guardando il mondo fuori dalla finestra o da uno schermo, ma pronti a fare di più. Seguiamo i numeri delle statistiche, restiamo a casa, incrociamo le dita e facciamo progetti per il futuro in attesa che riparata la vita normale e che riprendano anche le attività del nostro Share.

Ecco un po’ di foto dei lavori di questi giorni, prese dal nostro gruppo di whatsapp e in fondo alcuni link, per affrontare da maker la quarantena.

Una raccolta di link per makers in quarantena: